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"A 327 anni dal terremoto del 1693"
Conversazione col Dott. Francesco Valenti
Il nuovo anno sociale della Sezione di Lentini dell’Archeoclub “ A. Sgalambro”, è ripartito alla grande, con l’interessante conversazione, sul tema in oggetto, tenutasi Sabato, 11 Gennaio, presso la Biblioteca Comunale, nel Salone ex Aias, gremito di un folto ed attento pubblico.
Dopo i calorosi saluti, il Presidente, prof. Pippo Cosentino, ha introdotto l’argomento prescelto per questa prima iniziativa del 2020, presentando il suo relatore, il prof. Franco Valenti ( profondo conoscitore del nostro territorio, autore di interessanti trattati sull’antico tessuto urbano della nostra città, tra i quali “ La Città Dimenticata “ e “La Città del Leone - Il centro urbano di Lentini, tra il 1693 ed il 1860” ), ed il giovane studioso Dr. Giuseppe Iannitto (figlio dei nostri soci, Rita e Salvatore Iannitto), laureato in Lettere Moderne presso l’Università di Catania, con una tesi incentrata proprio sul tema dell’incontro, intitolata “ Testimonianze della catastrofe-Cirino Mauro, Lentini ed il terremoto del 1693”.
La conferenza ha preso avvio proprio con la lettura, da parte del Dr. Iannitto, di alcune strofe del poemetto in cinque canti, composto dal canonico Cirino Mauro ( filosofo e teologo), nel quale viene descritta la scelta dell’Arch. Italia del nuovo sito sul quale si sarebbe dovuta riedificare la città distrutta dal sisma, individuato nel Poggio San Pietro ( corrispondente al pianoro ove sorge oggi il nuovo Ospedale Civile).
Ma, per le circostanze che chiarirà più dettagliatamente il prof. Valenti, questa scelta non verrà poi perseguita, e Lentini, a differenza di altre città distrutte dallo stesso sisma, non seppe fare della sua ricostruzione una vera occasione di rinascita.
Dopo l’interessante intervento del Dr. Iannitto, ha preso la parola il prof. Valenti, introducendo il tema della conversazione, con un breve cenno sulle caratteristiche del disastroso evento tellurico, di cui ricorre l’anniversario proprio l’11 gennaio.
Anticipato il giorno 9 Gennaio del 1693 da un altro terremoto di potenza lievemente minore (che tuttavia causò già morte e distruzione), l’11 Gennaio si verificò quello che viene considerato tra i più disastrosi eventi tellurici di tutti i tempi della penisola italiana, che fu accompagnato anche da uno spaventoso maremoto, che amplificò gli effetti nefasti della catastrofe, coinvolgendo pressoché l’intera Sicilia Orientale ed ampie zone della Calabria.
Con una magnitudo oggi calcolata nel 7.3 grado della scala Richter, ed 11 di quella Mercalli, il terremoto causò oltre 60.000 morti, e la distruzione di buona parte del patrimonio architettonico della parte orientale dell’isola.
A Lentini, si contarono circa 4000 morti ( su una popolazione di circa 8000 abitanti) e la distruzione di numerosissimi edifici, pubblici, privati e religiosi.
Il paese, all’epoca, si estendeva sui contrafforti del colle ove sorgeva il Castellaccio, ( Castrum Vetus) e dei colli adiacenti (corrispondenti grossomodo agli odierni quartieri di San Paolo, Roggio e Santamaravecchia), per cui la posizione in declivio, e la estrema vicinanza degli edifici, accentuarono gli effetti disastrosi del sisma.
Di fronte ad un disastro di tali proporzioni, era necessario procedere senza indugio alla ricostruzione delle città e dei paesi distrutti dal terremoto.
Ma mentre altre città , come Avola e Grammichele , furono riedificate con estrema sollecitudine e razionalità, la ricostruzione del nostro paese risultò più complessa e travagliata.
Il viceré spagnolo, duca di Uzeda, aveva incaricato Giuseppe Lanza, duca di Camastra, di coordinare la riedificazione dei centri abitati colpiti dal sisma: in tale opera, fu affiancato da validi collaboratori, tra i quali Don Angelo Italia, un frate architetto.