Considerazioni per una lettura degli insediamenti rupestri abitativi e di culto.
Nell’ambito delle iniziative promosse dall’Archeoclub, in occasione delle giornate internazionali dell’Archeologia, la nostra Associazione ha organizzato, nel pomeriggio del 17 Giugno u.s., presso il Circolo Alaimo, un incontro per trattare della tematica sopra descritta.
Dopo i saluti di rito, il nostro Presidente, prof. Filadelfio Inserra, ha accennato alle attività previste da questa iniziativa, che ha carattere nazionale: oltre all’incontro della serata, la nostra Sezione aveva anche prevista, per il giorno 18, una conferenza del Dr. Frasca ( archeologo, docente dell’Università di Catania) sui luoghi degli scavi presso la porta Nord dell’antica Leontinoi: ma il mancato intervento di ripulitura del sito non ha consentito lo svolgimento dell’incontro, rimandato a data da destinarsi ( presumibilmente nel prossimo mese di Luglio, quando riprenderanno i lavori di scavo, nel sito in questione).
Ha quindi presentato il relatore, Geom. Carlo Maci, appassionato studioso dell’archeologia del nostro territorio, ed esponente del Gruppo Archeologico Leontino.
Questi, dopo aver ringraziato per l’apprezzato invito, ha precisato che la sua non sarebbe stata una dotta conferenza, bensì una distensiva passeggiata in bus turistico (per usare una sua divertente metafora), per avere un’idea di massima degli argomenti trattati, e suscitare negli ascoltatori curiosità ed interessi, da approfondire, eventualmente, in un secondo momento.
E così è stato: con l’ausilio di numerose slides, e guidati da un eccellente cicerone, abbiamo fatto un interessantissimo viaggio attraverso i secoli, alla ricerca delle tracce degli insediamenti rupestri, abitativi e di culto, del nostro territorio.
Un viaggio tra Terra e Cielo, per conoscere e comprendere meglio il nostro passato.
Un itinerario che parte da lontano, dall’arrivo dei coloni calcidesi, che con una scelta sicuramente singolare, fondarono Leintinoi in una zona interna e non, come erano soliti, sul litorale.
Probabilmente, questa scelta fu determinata dalla volontà di avere il controllo sui vicini, floridi campi leontini ( l’odierna piana di Catania).
Nella loro occupazione del colle della Metapiccola, i greci vennero a contatto con i precedenti abitanti della zona, i Siculi, che abitavano in capanne molto simili a quelle rinvenute a Roma sul colle Palatino. La particolare conformazione del territorio, costituita da friabile pietra arenaria, favorì l’utilizzo delle grotte naturali, dapprima per le sepolture, e successivamente come luoghi di culto ed abitazioni, secondo una tipologia costruttiva ancora oggi visibile in molti esempi di case rupestri, come quella in contrada Crocifisso, ma anche in diverse zone del centro storico del paese:
un ambiente in grotta, ampliato con la edificazione di locali antistanti, tra loro collegati.
Le foto mostrate dal relatore, riprese dall’alto della Valle di San Mauro, ottenute tramite un drone, consentono un colpo d’occhio che fa intuire la probabile articolazione della città antica: le aperture delle grotte, ora celate dalla vegetazione, ma ben visibili dall’alto, fanno immaginare come doveva apparire la Leontinoi di allora, e poi quella dei secoli seguenti: una sequela di ambienti rupestri affiancati, disposti lungo i fianchi della collina. Quindi è lecito ritenere che i luoghi di culto, come le diverse chiese rupestri che conosciamo ancora ai giorni nostri ( la Grotta del Crocifisso, quella del Cristo Biondo, quella della Solitudine) non fossero eremitaggi, bensì perfettamente inseriti nel tessuto urbano.
Si è passati poi a trattare più specificatamente delle Chiese Rupestri, e dei tesori in esse contenuti, messi in serio pericolo dal passare del tempo e dall’incuria dell’uomo: una serie di fotografie degli affreschi della Chiesa del Crocifisso, prima del recente restauro, ha ben evidenziato questo aspetto: il prof. Ciancio aveva a suo tempo rilevato 10 pannelli del ciclo Mariano, che ora, in parte, non si vedono più.
Il relatore si è quindi addentrato in un interessante esame stilistico dei particolari dei vari affreschi, che possono fornire preziose indicazioni sull’epoca della loro creazione : lo sfondo della Teoria dei Santi, tripartito nei tre colori che, secondo il prof. Messina, rappresentano i tre strati del cielo; i codici tenuti in mano dai vari personaggi ( se con il simbolo della Croce, rappresentano il Vangelo, e quindi la natura divina di chi lo tiene tra le mani); la posizione delle dita nel Cristo Pantocratore del Crocifisso, raffrontata con quella di altre analoghe figure ( nel Duomo di Monreale, nella Cappella Palatina); la simbologia dell’ aureola che, se riporta l’immagine della Croce, è riferita al Cristo. Sono tutti elementi dal cui raffronto possono pervenire preziose indicazioni circa la cronologia delle opere.
E così, mentre gli affreschi della Grotta del Crocifisso sono sicuramente attribuibili ad epoca bizantina, quelli della Grotta della Solitudine, che rappresentano una Deposizione, fanno pensare ad un periodo successivo, per la dolcezza delle figure, che richiamano quelle botticelliane, ed un maggior movimento della scena, rispetto alla ieraticità dei soggetti del Crocifisso.
A conclusione della interessante serata, dopo alcuni interventi del pubblico presente, ed i saluti ed i ringraziamenti di rito, il relatore ci ha invitato ad un approfondimento degli argomenti trattati attraverso la lettura degli articoli pubblicati sulla rivista Agorà, alla quale lo stesso collabora.