L’Archeoclub di Lentini alle rappresentazioni classiche del Teatro Greco di Siracusa
Le Baccanti di Euripide.
Domenica, 18 Luglio 2021, secondo ( ma non ultimo…) appuntamento con la tragedia greca, per i soci ed alcuni graditi ospiti della nostra Associazione.
Sempre guidati dal nostro esuberante Presidente, Prof. Pippo Cosentino, ci siamo ritrovati, al solito posto e solita ora, per raggiungere il Teatro Greco di Siracusa, a bordo dell’autobus della Duca Viaggi, prezioso partner degli spostamenti della nostra Associazione .
Sempre grande il piacere di ritrovarsi, per un appuntamento annuale ormai consolidato e atteso sempre con trepidazione da tutti i soci, bruscamente interrotto, l’anno scorso, a causa della pandemia.
La ripresa di questa bella consuetudine ha perciò, quest’anno, anche il sapore della speranza, del ritorno alla vita, alle relazioni, alla socialità che solo pochi mesi fa sembravano ancora molto lontani.
Anche questa volta, i posti assegnati al nostro gruppo erano situati in un settore che consentiva una eccellente visuale sul palcoscenico, sul quale troneggiava una grande gabbia di metallo bianco, con la foggia di una testa, un enorme manichino rappresentante Zeus, ( che per tutto il tempo della rappresentazione sorveglierà l’azione), ed una altissima gru, alla quale, all’inizio dello spettacolo, era appeso un altro gigantesco manichino. A terra, un grafico che illustrava la genealogia di Dioniso, a partire dal Caos.
Al tramonto, è puntualmente iniziata la rappresentazione de “ Le Baccanti”, scritta da Euripide nel 407 A.C.
La regia è affidata allo spagnolo Carlos Padrissa, che ha realizzato una rilettura dell’opera euripidea sicuramente originale, a tratti visionaria ed audace ma, a mio avviso, aderente allo spirito originario della tragedia, pur nella sua modernità.
All’inizio dello spettacolo, la prima trovata scenografica che sorprende il pubblico: dal manichino appeso alla gru, a grande altezza da terra, viene partorito Dioniso, il dio del vino, del piacere, dei riti orgiastici, nato dall’unione tra Zeus e Semele, una donna mortale.
Dioniso ( interpretato da una eccellente Lucia Lavia -figlia d’arte-, che con la sua magnetica figura androgina ben rappresenta le sfaccettature di un dio che non ha genere, ma si fa trasportare dalla furia dell’emotività) giunge a Tebe, per convincere la famiglia ( la madre Semele era figlia di Cadmo, il re della città) della sua natura divina, e vendicarsi della affermazione che lui fosse nato dalla relazione di Semele con un uomo comune.
Giungono sulla scena Cadmo, già re di Tebe, che ha ceduto il trono al nipote Penteo, figlio della figlia Agave, ed il vecchio indovino cieco Tiresia.
I due anziani rievocano nostalgicamente il passato, intonando un brano di Franco Battiato ( “ La stagione dell’amore “, forse un malinconico tributo al maestro siciliano) e manifestano il desiderio di danzare in onore di Dioniso, e salire sul monte Citerone, dove si sono ritirate le donne tebane, alle quali il dio ha instillato un germe di follia.
Irrompono quindi sulla scena le Baccanti, le seguaci di Bacco ( altro nome di Dioniso): arrivano da tutte le parti, riempiono tutti gli spazi, si precipitano dalle gradinate, stordendo gli spettatori con le loro urla, i loro scuotimenti. Una folla scomposta di donne ( ma anche uomini, forse a simboleggiare la parità di genere) in preda ad un delirio orgiastico, che battono sui tamburi e agitano il tirso ( il bastone rituale delle cerimonie in onore di Dioniso).
Dileguatasi la schiera delle Baccanti, arriva Penteo, che deplora il comportamento delle donne tebane, che hanno abbandonato le loro case ed i loro figli per darsi a riti orgiastici. Cadmo e Tiresia cercano di convincerlo ad accettare la nuova religione, ma Penteo è fermo nel suo rifiuto, ed anzi ordina ai suoi soldati di catturare Dioniso.
A questo punto, un pezzo rap, e, subito dopo, la prima delle acrobatiche esibizioni del coro, sospeso ad una struttura collegata alla gru, ad una non indifferente altezza dal suolo, i cui leggiadri volteggi hanno affascinato il pubblico : una sorta di sorprendente “ Cirque de Soleil” che ha alleggerito, di tanto in tanto, i toni drammatici del racconto, complice, anche, uno spettacolare spicchio di luna che occhieggiava dal cielo.
Con la cattura di Dioniso da parte dei soldati di Penteo riprende la drammatica narrazione; dopo un vivace scambio di battute tra il dio ed il re, Dioniso viene imprigionato nel palazzo reale, ma riesce a liberarsi, grazie ad un terremoto, da lui stesso scatenato, che distrugge la reggia.
Un messaggero riferisce di aver visto le donne, sul monte Citerone, compiere azioni strabilianti; fanno scaturire latte e vino dalle rocce, in preda alla furia dionisiaca squartano buoi a mani nude, e si abbandonano a riti orgiastici. Dioniso convince Penteo a travestirsi da donna, per seguirlo sul monte Citerone e spiare le Baccanti. Dopo molte insistenze, il re accetta, e i due si avviano verso la montagna. Inizia così a definirsi la vendetta di Dioniso.
Un messaggero riferisce come si è compiuta la tragedia: le Baccanti, aizzate dal dio, si scagliano contro Penteo, che si era rifugiato su un abete, e Agave, sua madre, lo massacra, prendendo come trofeo la sua testa, convinta di aver ucciso una fiera.
Nella scena finale, ritroviamo il vecchio Cadmo, che porta i poveri resti di Penteo, ed Agave, che brandisce come un trofeo il capo mozzato del figlio. Ma il vecchio padre, a poco a poco, le rivela la verità, e Agave, che lentamente rinsavisce dalla sua follia, prende coscienza dell’orrore di cui si è macchiata, e dà sfogo a tutta la sua disperazione.
Con un espediente degno della più classica tragedia greca compare Dioniso, come “ Deus ex Machina” ( in questo caso la struttura aerea già utilizzata in altre scene), che riafferma di aver voluto così punire chi non riconosceva la sua natura divina, e condanna Cadmo ed Agave all’esilio.
La tragedia si è così compiuta, lo scontro tra ragione ed emotività si è concluso con la vittoria di un dio irrazionale e vendicativo.
Con un’altra affascinante esibizione del coro sospeso sulla struttura aerea, che si è rivelata come uno dei più espressivi elementi spettacolari della messa in scena, si è conclusa questa straordinaria rappresentazione che, nonostante la modernità di alcune scelte stilistiche, si è rivelata, a mio giudizio, molto aderente allo spirito classico .
Applausi scroscianti, per un lavoro che si è distinto per la originale regia, le magnifiche coreografie, e la eccellente recitazione, oltre che della splendida Lucia Lavia, anche di Stefano Santospago, un malinconico Cadmo, Linda Gennaro, una disperata Agave, e Ivan Graziano, un fiero ma a volte sprovveduto Penteo.
Appuntamento al 5 Agosto, per la prossima rappresentazione, la commedia “ Le Nuvole “ di Aristofane.